CON
1. La “porta della fede” (cfr At 14,27)
che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua
Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando
la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia
che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che
dura tutta
2. Fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho
ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce
con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro
con Cristo. Nell’Omelia della santa Messa per l’inizio del pontificato
dicevo: “La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono
mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo
della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la
vita, la vita in pienezza” [1]. Capita ormai non di rado che i cristiani si
diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche
del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del
vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma
spesso viene perfino negato [2]. Mentre nel passato era possibile riconoscere
un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti
della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in
grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha
toccato molte persone.
3. Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce
sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo
il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che
invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua
viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di
nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane
della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51). L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ancora
ai nostri giorni con la stessa forza: “Datevi da fare non per il cibo che non
dura, ma per il cibo che rimane per la via eterna” (Gv
6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi
oggi: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” (Gv 6,28). Conosciamo la risposta di Gesù: “Questa è l’opera
di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per
poter giungere in modo definitivo alla salvezza.
4. Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della
fede. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario
dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità
di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il 24 novembre 2013. Nella data
dell’11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent’anni dalla pubblicazione del Catechismo
della Chiesa Cattolica, testo promulgato dal mio Predecessore, il
Beato Papa Giovanni Paolo II [3], allo scopo di illustrare a
tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede. Questo documento, autentico
frutto del Concilio Vaticano II, fu auspicato dal Sinodo Straordinario dei
Vescovi del 1985 come strumento al servizio della catechesi [4] e venne
realizzato mediante la collaborazione di tutto l’Episcopato della Chiesa
cattolica. E proprio l’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è stata da me
convocata, nel mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione
per la trasmissione della fede cristiana. Sarà quella un’occasione propizia per
introdurre l’intera compagine ecclesiale ad un tempo di particolare riflessione
e riscoperta della fede. Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a
celebrare un Anno della fede. Il mio venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel
diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema. Lo pensò
come un momento solenne perché in tutta la Chiesa vi fosse “un'autentica e
sincera professione della medesima fede”; egli, inoltre, volle che questa
venisse confermata in maniera “individuale e collettiva, libera e cosciente,
interiore ed esteriore, umile e franca” [5]. Pensava che in tal modo la Chiesa
intera potesse riprendere “esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per
purificarla, per confermarla, per confessarla” [6]. I grandi sconvolgimenti che
si verificarono in quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una
simile celebrazione. Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio [7], per
attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il
patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e
approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in
condizioni storiche diverse dal passato.
5. Per alcuni aspetti, il mio venerato Predecessore vide questo
Anno come una “conseguenza ed esigenza postconciliare” [8], ben cosciente delle
gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera
fede e alla sua retta interpretazione. Ho ritenuto che far iniziare l’Anno
della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione
propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari,
secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né
il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in
maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati
e normativi del Magistero, all'interno della Tradizione della Chiesa … Sento
più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la
Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola
per orientarci nel cammino del secolo che si apre” [9]. Io pure intendo
ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi
dopo la mia elezione a Successore di Pietro: “se lo
leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e
diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento
della Chiesa” [10].
6. Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la
testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel
mondo i cristiani sono infatti chiamati a far
risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il
Concilio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium,
affermava: “Mentre Cristo, «santo, innocente, senza macchia» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne
solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr Eb
2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e
insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza
continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa
«prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni
di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga
(cfr 1Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere
con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo,
con fedeltà anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine
dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce” [11].
L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad
un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel
mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che
salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei
peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad
una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui
nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria
del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta
l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della
sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il
comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un
cammino mai compiutamente terminato in questa vita. La “fede che si rende
operosa per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventa un nuovo criterio di
intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29;
2Cor 5,17).
7. “Caritas Christi urget
nos” (2Cor 5,14): è l’amore di Cristo che colma i
nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Egli, oggi come allora, ci invia per
le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra
(cfr Mt 28,19). Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni
generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del
Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario
un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per
riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare
Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra
possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in
un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più
grande perché ha la sua origine in Dio.
9. Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione
a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e
speranza. Sarà un'occasione propizia anche per intensificare la celebrazione
della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, che è “il culmine
verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta
la sua energia” [14]. Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita
dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede
professata, celebrata, vissuta e pregata [15], e riflettere sullo stesso atto
con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto
in questo Anno.
Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a
memoria il Credo. Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non
dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole dense di
significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la consegna del
Credo, dice: “Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le
parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il
fondamento stabile che è Cristo Signore … Voi dunque lo avete ricevuto e reso,
ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere
nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e
anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore” [16].
10. Vorrei, a questo punto, delineare un percorso che aiuti a
comprendere in modo più profondo non solo i contenuti della fede,
ma insieme a questi anche l’atto con cui decidiamo di affidarci
totalmente a Dio, in piena libertà. Esiste, infatti, un’unità profonda tra
l’atto con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso. L’apostolo
Paolo permette di entrare all’interno di questa realtà quando scrive: “Con il
cuore … si crede … e con la bocca si fa la professione di fede” (Rm 10,10). Il cuore indica che il primo atto con cui si
viene alla fede è dono di Dio e azione della grazia che agisce e trasforma la
persona fin nel suo intimo.
L’esempio di Lidia è quanto mai eloquente in proposito. Racconta
san Luca che Paolo, mentre si trovava a Filippi, andò di sabato per annunciare
il Vangelo ad alcune donne; tra esse vi era Lidia e il “Signore le aprì il
cuore per aderire alle parole di Paolo” (At 16,14). Il senso racchiuso
nell’espressione è importante. San Luca insegna che la conoscenza dei contenuti
da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona,
non è aperto dalla grazia che consente di avere occhi per guardare in
profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio.
Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica
una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che
credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per
vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle
ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige
anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno di
Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e
dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona. È il dono dello
Spirito Santo che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza,
rendendola franca e coraggiosa.
La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme
comunitario. E’ la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede
della Comunità cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace
dell’ingresso nel popolo dei credenti per ottenere
Come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è
essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con
l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza
della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio.
L’assenso che viene prestato implica quindi che, quando si crede, si accetta
liberamente tutto il mistero della fede, perché garante della sua verità è Dio
stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore [18].
D’altra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto
culturale tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono
comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva
sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico “preambolo”
alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio.
La stessa ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di “ciò che vale
e permane sempre” [19]. Tale esigenza costituisce un invito permanente,
inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trovare
Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro [20]. Proprio a
questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza.
11. Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della
fede, tutti possono trovare nel Catechismo
della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile. Esso
costituisce uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II. Nella Costituzione Apostolica Fidei depositum, non a caso firmata nella ricorrenza
del trentesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, il Beato Giovanni Paolo II scriveva: “Questo Catechismo
apporterà un contributo molto importante a quell’opera di rinnovamento
dell’intera vita ecclesiale… Io lo riconosco come uno strumento valido e
legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per
l’insegnamento della fede” [21].
E’ proprio in questo orizzonte che l’Anno della fede dovrà
esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti
fondamentali della fede che trovano nel Catechismo
della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. Qui,
infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto,
custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai
Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi che hanno attraversato i
secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la
Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare
certezza ai credenti nella loro vita di fede.
Nella sua stessa struttura, il Catechismo
della Chiesa Cattolica presenta lo sviluppo della fede fino a
toccare i grandi temi della vita quotidiana. Pagina dopo pagina si scopre che
quanto viene presentato non è una teoria, ma l’incontro con una Persona che vive
nella Chiesa. Alla professione di fede, infatti, segue la spiegazione della
vita sacramentale, nella quale Cristo è presente, operante e continua a
costruire
La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato
a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità che,
particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle
conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto
timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun
conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità [22].
13. Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia
della nostra fede, la quale vede il mistero insondabile dell’intreccio tra
santità e peccato. Mentre la prima evidenzia il grande apporto che uomini e
donne hanno offerto alla crescita ed allo sviluppo della comunità con la
testimonianza della loro vita, il secondo deve provocare in ognuno una sincera
e permanente opera di conversione per sperimentare la misericordia del Padre
che a tutti va incontro.
In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che
dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb
12,2): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La
gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza
del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al
vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione,
del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla
con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra
salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi
duemila anni della nostra storia di salvezza.
Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette
all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua
dedizione (cfr Lc 1,38). Visitando Elisabetta innalzò
il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si
affidano a Lui (cfr Lc 1,46-55). Con gioia e
trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la
verginità (cfr Lc 2,6-7). Confidando in Giuseppe suo
sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode (cfr Mt
2,13-15). Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase
con Lui fin sul Golgota (cfr Gv
19,25-27). Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e,
custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc
2,19.51), lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo
Spirito Santo (cfr At 1,14; 2,1-4).
Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro
(cfr Mc 10,28). Credettero alle parole con le quali
annunciava il Regno di Dio presente e realizzato nella sua persona (cfr Lc 11,20). Vissero in comunione di vita con Gesù che li
istruiva con il suo insegnamento, lasciando loro una nuova regola di vita con
la quale sarebbero stati riconosciuti come suoi discepoli dopo la sua morte
(cfr Gv 13,34-35). Per fede andarono nel mondo
intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura (cfr Mc
16,15) e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione
di cui furono fedeli testimoni.
Per fede i discepoli formarono la prima comunità raccolta intorno
all’insegnamento degli Apostoli, nella preghiera, nella celebrazione
dell’Eucaristia, mettendo in comune quanto possedevano per sovvenire alle
necessità dei fratelli (cfr At 2,42-47).
Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la
verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al
dono più grande dell’amore con il perdono dei propri persecutori.
Per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo,
lasciando ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la
povertà e la castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a
venire. Per fede tanti cristiani hanno promosso un’azione a favore della
giustizia per rendere concreta la parola del Signore, venuto ad annunciare la
liberazione dall’oppressione e un anno di grazia per tutti (cfr Lc 4,18-19).
Per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il
cui nome è scritto nel Libro della vita (cfr Ap 7,9;
13,8), hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano
chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella
professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai
quali furono chiamati.
Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore
Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia.
14. L’Anno della fede sarà anche un’occasione propizia per
intensificare la testimonianza della carità. Ricorda san
Paolo: “Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e
La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede
sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a
vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino. Non pochi
cristiani, infatti, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o
escluso come a colui che è il primo verso cui andare e il più importante da
sostenere, perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. Grazie
alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del
Signore risorto. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40):
queste sue parole sono un monito da non dimenticare ed un invito perenne a
ridonare quell’amore con cui Egli si prende cura di noi. E’ la fede che
permette di riconoscere Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a
soccorrerlo ogni volta che si fa nostro prossimo nel cammino della vita.
Sostenuti dalla fede, guardiamo con speranza al nostro impegno nel mondo, in
attesa di “nuovi cieli e una terra nuova, nei quali
abita la giustizia” (2Pt 3,13; cfr Ap 21,1).
15. Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Paolo chiede
al discepolo Timoteo di “cercare la fede” (cfr 2Tm 2,22) con la stessa costanza
di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito rivolto a ciascuno
di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che
permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per
noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede
impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel
mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza
credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore,
sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della
vita vera, quella che non ha fine.
“La Parola del Signore corra e sia glorificata” (2Ts 3,1): possa
questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore,
poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un
amore autentico e duraturo. Le parole dell’apostolo Pietro
gettano un ultimo squarcio di luce sulla fede: “Perciò siete ricolmi di gioia,
anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove,
affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro –
destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode,
gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur
senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò
esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della
vostra fede: la salvezza delle anime” (1Pt 1,6-9). La vita dei cristiani
conosce l’esperienza della gioia e quella della sofferenza. Quanti Santi hanno
vissuto la solitudine! Quanti credenti, anche ai nostri giorni, sono provati
dal silenzio di Dio mentre vorrebbero ascoltare la sua voce consolante! Le
prove della vita, mentre consentono di comprendere il mistero della Croce e di
partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), sono preludio alla gioia
e alla speranza cui la fede conduce: “quando sono
debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10). Noi crediamo con ferma certezza
che il Signore Gesù ha sconfitto il male e
Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto” (Lc 1,45), questo tempo di grazia.
Dato a Roma, presso San Pietro, l’11 ottobre dell’Anno 2011, settimo di
Pontificato.
BENEDETTO XVI
[1] Omelia per l’inizio del ministero petrino
del Vescovo di Roma (24 aprile 2005): AAS 97(2005), 710.
[2] Cfr BENEDETTO XVI, Omelia S. Messa al Terreiro do Paço, Lisbona (11 maggio 2010): Insegnamenti VI,1(2010), 673.
[3] Cfr GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei
depositum (11 ottobre 1992): AAS 86(1994),
113-118.
[4] Cfr Rapporto finale del
Secondo Sinodo Straordinario dei Vescovi (7 dicembre 1985), II, B, a, 4: in Enchiridion Vaticanum, vol. 9, n.
1797.
[5] PAOLO VI, Esort. ap. Petrum
et Paulum Apostolos, nel XIX centenario del martirio dei
Santi Apostoli Pietro e Paolo (22 febbraio 1967): AAS 59(1967), 196.
[6] Ibid., 198.
[7] PAOLO VI, Solenne Professione di fede, Omelia per la
Concelebrazione nel XIX centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e
Paolo, a conclusione dell’ “Anno della fede” (30 giugno 1968): AAS
60(1968), 433-445.
[8] ID., Udienza Generale (14 giugno 1967): Insegnamenti
V(1967), 801.
[9] GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap.
Novo millennio ineunte
(6 gennaio 2001), 57: AAS 93(2001), 308.
[10] Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005):
AAS 98(2006), 52.
[11] CONC. ECUM. VAT. II,
Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8.
[12] De utilitate credendi, 1,2.
[13] Cfr AGOSTINO D’IPPONA,
Confessioni, I,1.
[14] CONC. ECUM. VAT. II,
Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 10.
[15] Cfr GIOVANNI PAOLO II,
Cost. ap. Fidei depositum (11 ottobre
1992): AAS 86(1994), 116.
[16] Sermo 215,1.
[17] Catechismo
della Chiesa Cattolica, 167.
[18] Cfr CONC. ECUM. VAT. I, Cost. dogm.
sulla fede cattolica Dei Filius, cap. III: DS
3008-3009; CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla divina rivelazione Dei Verbum, 5.
[19] BENEDETTO XVI, Discorso al Collège des Bernardins, Parigi (12 settembre
2008): AAS 100(2008), 722.
[20] Cfr AGOSTINO D’IPPONA,
Confessioni, XIII, 1.
[21] GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei depositum (11
ottobre 1992): AAS 86(1994), 115 e 117.
[22] Cfr ID., Lett. enc. Fides et ratio
(14 settembre 1998), nn. 34 e106: AAS 91(1999),
31-32, 86-87.